I TESTIMONI DI GEOVA E LA “RATIONAL CHOICE”

(By Tommaso)


Quando lessi questo libro circa 20 anni fa ne rimasi scandalizzato e a quei tempi pensai che era quasi un libro apostata, comunque ne feci oggetto di studio e di seguito vi allego una sintesi che feci, rileggendola da consapevole assume una valenza interessante.


I sociologi americani Rodney Stark e Laurence R. Iannaccone sono fra i padri della teoria della rational choice, secondo cui alla sociologia delle religioni è possibile applicare modelli che derivano dagli studi sull'economia, e il campo religioso può essere studiato anche come una forma di “mercato”. La teoria della rational choice può sembrare brutale e perfino scandalosa in alcune sue formulazioni, e va interpretata con un certo beneficio d’inventario e non senza affiancarle altri modelli interpretativi. Si è però rivelata assai utile. Ecco le dieci tesi enumerate dai suddetti sociologi.


  1. I nuovi movimenti religiosi hanno probabilità di avere successo nella misura in cui mantengono una continuità culturale con la fede tradizionale della società in cui cercano seguaci. 
  2. I nuovi movimenti religiosi hanno probabilità di avere successo nella misura in cui mantengono un livello medio di tensione con l’ambiente che li circonda: sono cioè strette, ma non troppo strette. [La teoria della rational choice riprende la figura del free rider, l’individuo dannoso a qualunque formazione sociale, che cerca di “viaggiare gratis” e “senza pagare il biglietto”, nel senso che vuole approfittare dei benefici garantiti dall’appartenenza a un gruppo senza pagare i relativi costi. Questo spiega perché le chiese “strette” sono più solide: se una chiesa non è abbastanza “stretta”, attira inevitabilmente un buon numero di free rider, e un’organizzazione con troppi free rider è condannata al declino. Ossia quando una chiesa  adotta criteri piuttosto lassisti dell’etica, perdono membri. Così facendo, accolgono un numero di free rider più di quanto un’organizzazione sana possa tollerare. Il fatto che ci siano troppi free rider implica che i membri che si impegnano lealmente a favore dell’organizzazione devono aumentare il loro impegno (i costi) per garantire gli stessi benefici anche a coloro che non faticano affatto, i free rider appunto. A lungo andare, per quanto siano generosi coloro disposti a impegnarsi, la situazione diventa per molti insostenibile, il rapporto costi-benefici si palesa immediatamente come non più conveniente, la scelta di far parte dell'organizzazione non è più “razionale”]. Contrariamente a quando potrebbe sembrare a prima vista, un’organizzazione con poche defezioni non è un’organizzazione sana, perché la crescita continui conviene che ‘la porta di uscita rimanga aperta’, e che i free rider non siano trattenuti a ogni costo.
  3. I free rider “latenti”, coloro che chiedono di ridurre il carattere stretto dell’organizzazione, siano più numerosi fra i membri di seconda generazione socializzati (i figli nati dai convertiti),  che non fra i convertiti: maggiore è la proporzione dei membri socializzati, maggiore è la proporzione di quelli che domandano di ridurre il carattere stretto del gruppo. Mantenere nel tempo le caratteristiche strette è quindi essenziale per evitare che i membri socializzati dall’infanzia prevalgano sui convertiti (il che è di fatto avvenuto in molte denominazioni protestanti maggioritarie in Europa, che si sono adeguate ai criteri morali e di comportamento prevalenti nella società circostante, ma hanno anche perso rapidamente membri).
  4. I nuovi movimenti religiosi hanno probabilità di successo nella misura in cui le loro dottrine non sono empiriche.
  5. I movimenti religiosi avranno successo nella misura in cui hanno leader percepiti come legittimi con un livello di autorità sufficientemente adeguato perché il suo esercizio sia efficiente.
  6. I movimenti religiosi cresceranno nella misura in cui saranno capaci di generare una forza di lavoro religiosa volontaria e altamente motivata, che comprenda molte persone disponibili a fare proselitismo.
  7. I movimenti religiosi devono mantenere un livello di fertilità sufficiente a bilanciare la mortalità dei membri.
  8. I movimenti religiosi devono socializzare i loro giovani in un modo che minimizzi sia le defezioni sia la domanda di ridurre il carattere stretto del gruppo. In altre parole, i giovani devono essere educati con una certa severità, il che implica che si resista alle domande - inevitabili in una certa fase della crescita - di ridurre il carattere stretto del gruppo. A ogni nuova generazione, il movimento si trova di fronte all’assalto -per così dire- di un ampio gruppo di potenziali free rider, e il suo successo dipende dalla capacità, attraverso un adeguato progetto educativo, di convincere i suoi giovani che la strada del free rider è sbagliata e che i costi, per quanto elevati, sono compensati da benefici attraenti.
  9. I movimenti religiosi avranno successo nella misura in cui saranno capaci di mantenere una forte coesione interna, rimanendo però aperti, capaci di promuovere e mantenere contatti con gli esterni.
  10. A parità di altri fattori, organizzazioni religiose nuove e non convenzionali prosperano nella misura in cui sono in concorrenza con organizzazioni religiose tradizionali locali deboli e operano all’interno di un’economia religiosa relativamente non regolata. Ossia il pluralismo religioso favorisce un aumento del numero di persone che si dicono religiose. La mancanza di pluralismo religioso non favorisce la religione nel suo insieme, ma rende più facile la crescita di movimenti religiosi considerati non ortodossi o marginali.


TRA CONTINUITÀ E INNOVAZIONE


Il pastore Charles Taze Russell, non era percepito dai suoi contemporanei come il fondatore di una religione . Al tempo di Russell la maggioranza dei protestanti americani erano, assai probalilmente, interessati al millenarismo e alle speculazioni sulla fine del mondo. Pertanto Russell è importante perché costituisce l’anello di collegamento fra i Testimoni di Geova attuali e una più ampia tradizione millenarista, e avventista e profetica che si manifesta come una componente integrale e ineliminabile del mondo cristiano di lingua inglese, (viene soddisfatta la prima tesi della rational choice della continuità culturale).  


Nei termini della rational choice, Joseph F. Rutherford - con eccessi e fughe in avanti, seguite da passi indietro - mantiene un livello di tensione medio rispetto alla società. 


Successivamente Nathan Knorr rappresenta una via media  tra  la  continuità culturale di Russell rispetto al contesto sociale e la discontinuità di Rutherford.


In seguito, le precisazioni sulla “generazione de 1914”, che “cercare di calcolare date o fare congetture sulla durata letterale della “generazione” non è di nessuna utilità”, comportano conseguenze sociologiche e un atteggiamento di maggiore apertura verso la società esterna in generale. Per esempio diventa più positivo l’atteggiamento verso una carriera accademica . Le precisazioni del 1995 relative all’escatologia  rappresentano in un certo senso il coronamento di un processo che ha cercato di trovare un equilibrio fra la continuità di Russell e la discontinuità di Rutherford, nella direzione di un livello medio di tensione con la società e di carattere stretto ma non troppo stretto che, se si crede ai modelli della rational choice, dovrebbe garantire una certa continuità di crescita nel futuro.

Commenti

  1. Credendo ai modelli della rational choice io giungo a conclusioni differenti se non opposte. Dottrinalmente la WTS manifesta la natura empirica delle sue scelte. Ormai la tensione “fine prossima” non funziona più. Ma il documentario di Lea Remini è equivalente ad un crollo verticale in borsa. È stato visto da 25 milioni di persone (credo) in prime time e credo anche da tutti i consapevoli PIMO anglofoni che se le proiezioni non sbagliano contano oramai attorno al 20% della popolazione TDG.

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    1. @Anonimo la teoria della "rational choice" è ormai vecchia come me, benchè le sua previsione sui tdG era tutto sommato positiva, credo che i fatti abbiano smentito le previsioni.

      Sui punti 2 e 3 si usa l'espressione "free rider" che potremmo, secondo me dopo così tanti anni, sostituire con la parola italiana "consapevole informato"

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    2. @Anonimo i dati dello share americano della puntata in questione dicono che è stata seguita da circa 1milione di americani, la tua stima di 25 milioni si riferisce a qualcos’altro? La diretta è inverosimile che raggiunga tali numeri pari a un quarto di quanto farebbe un Super Bowl... però 1milione è comunque tanto.

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  2. Mi piace l’accostamento della figura del free rider con quella del consapevole. La pratica dell’ostracismo ha portato alla nascita di questa figura, per istinto di sopravvivenza e sottrazione al crudele omicidio sociale tentato dalla disassociazione, benché l’inattività ponga l’individuo consapevole in una posizione molto vicina a quella del disassociato se si viene a sapere della sua consapevolezza (spesso bollata come eresia o pericolosa apostasia)

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    1. È per questo che mi chiedo sempre più spesso, caro Eliseo, se non sia a questo punto preferibile dissociarsi! Forse in questo modo si può davvero tornare ad essere liberi, senza doversi più nascondere, senza stare attenti a ciò che si dice, anche se in questo modo si perderanno completamente i contatti con gli ‘interni’.

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    2. Libera, me lo chiedo anche io, sì, perché da tdG "consapevole" sono passata ad "inattiva," ormai da anni, e sono rimasti in pochi, coloro che ancora mi salutano, alcuni con evidente imbarazzo..

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  3. Uhm....
    "free rider, l’individuo dannoso a qualunque formazione sociale, che cerca di “viaggiare gratis” e “senza pagare il biglietto”, nel senso che vuole approfittare dei benefici garantiti dall’appartenenza a un gruppo senza pagare i relativi costi."
    In pratica colui che vorrebbe che la Chiesa "adotti criteri piuttosto lassisti nell'etica".
    La definizione si può adattare a parecchi giovani cresciuti se non nati in famiglie di TdG, che a un certo punto, non vivendo isolati, vivono male l'appartenenza e si chiedono perché non possono fare quello che fanno altri giovani. Quello non è "essere consapevoli", a mio avviso, perché c'è una sorta di confusione mentale che porta a non "distinguere il bene dal male", un po' come accadde ad Eva ascoltando le argomentazioni del serpente.
    Il "testimone consapevole" lo assocerei più con la maturità, che ti porta ad essere un "bereano" e a non accettare più spiegazioni e dottrine che essendo "comandi di uomini" poco o nulla hanno a che fare con una fede autentica e genuina, anzi, si rivelano dannose per la vita d'ora e rischiano di farci perdere anche quella avvenire. Il "testimone consapevole" non credo affatto che voglia un allargamento delle maglie nell'etica e nella morale, come spesso vorrebbero i giovani nati in famiglie di Tdg. Ma ferme restando etica e morale, credo voglia più rispetto per la libertà di coscienza e meno regole e imposizioni inutili, che non sono di nessun beneficio per la fede e la spiritualità ma diventano "gravi pesi legati sulle spalle" da parte di chi poi non li tocca nemmeno con un dito.
    Il primo "testimone consapevole" fu il Cristo, il quale rendendosi conto che la Legge non era facile di per se da osservare (e per di più era stata aggravata da interpretazioni fantasiose dei capi religiosi), ricevette dal Padre l'autorizzazione a toglierla di mezzo salvaguardandone solo i principi fondamentali.

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